Distribuito in vecchio stile da venditori ambulanti, i cosidetti strilloni, giovedi 12 settembre l’Express, il tabloid gratuito pubblicato da The Washington Post, ha salutato i viaggiatori della metropolitana per l’ultima volta, non senza un tono polemico verso quel mondo digitale che ne ha, in qualche modo, decretato la fine.
“E ora godetevi i vostri sporchi smartphone” tuona la copertina dell’ultimo numero, che riassume in questo modo il motivo alla base della decisione dell’editore di sospendere le pubblicazioni.
L’ampliamento dell’accesso ad internet nella metropolitana della capitale americana ne ha marginalizzato la lettura e, nonostante le 130 mila copie distribuite su base quotidiana, il tema vero è che nessuno ci faceva più caso, l’attenzione catalizzata appunto dallo smartphone.
Un cambiamento, quello delle abitudini di ricerca di informazioni da parte dei lettori, ben descritto dall’editoriale di addio di Dan Caccavaro, executive director dell’Express che ricorda “Quando abbiamo lanciato nel 2003, non esisteva un iPhone. Sarebbe passato un altro anno prima che gli studenti di Harvard iniziassero a usare un nuovo social network chiamato Facebook per tenere d’occhio i loro compagni di classe. Nessuno stava twittando nulla, o usando Instagram o Snapchat”.
Occorre però considerare, come ha fatto Riccardo Luna su La Repubblica, che “l’obiettivo del giornalismo non è vendere carta, è diffondere le notizie, non importa su quale supporto. Ciò detto la carta non muore necessariamente, lo dimostra la resistenza dei libri di carta rispetto agli ebook”.
Dietro la fine dell’Express quindi, più che internet o gli smartphone, c’è il non interesse dell’editore di proseguire l’attività in un modo diverso, perché tutto si può dire al Washington Post (di proprietà di Jeff Bezos dal 2013) tranne che non sappiano come va il mondo delle news nell’era di internet in mobilità.